Quante volte abusiamo del termine stress: “sono stressato”, “mi sento che mi stresserò” etc. Ebbene non tutti sanno che in realtà non possiamo gestire lo stress, ma quello che gli psicologi chiamiamo di-stress, ovvero l’aspetto negativo dello stress, (contrapposto all’eustress che rappresenta, invece, l’aspetto positivo, di stimolazione fisiologica, dello stress inteso nel senso originario di “sindrome di adattamento”.
Anche le aziende hanno iniziato ad attenzionare il tema, anche sospinte da obblighi di legge che impongono di svolgere un’azione di indagine periodica del cosiddetto stress da lavoro-correlato, ossia un’analisi in profondità delle dimensioni nelle quali si annida lo stress, anzi il di-stress dei lavoratori, al fine di comprenderne cause e concause e poter ovviare con politiche di welfare in grado di assicurare un equilibrato work&life balance, soprattutto alla luce degli studi che hanno dimostrato come la produttività sul lavoro sia strettamente connessa ai livelli di soddisfazione e di eustress sul posto di lavoro.
Non tutti sanno però che per imparare a gestire il di-stress è necessario partire da una delicata operazione di sense making, ovvero quel processo di costruzione di senso che ci consente di “mettere a posto” gli eventi della vita personal-professionale.
Quanto detto passa per due azioni da svolgersi nel quotidiano:
Gestire lo stress, o meglio come appreso, il di-stress, è tutta una questione di aumentare la consapevolezza personale rispetto a quelli che sono i principali fattori che lo determinano: fattori di ruolo, connessi ai nostri molteplici ruoli a cavallo tra vita personale e professionale; fattori intrinseci e interpersonali, connessi ad aspetti sia interiori che relazionali, fattori organizzativi e di carriera, e infine i più complessi, quelli di interfaccia lavoro-casa.
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