Cos’è lo Smart working?
Non sono trascorsi ancora 100 anni da quel 10 marzo 1923 in cui il Consiglio dei Ministri approvava finalmente il decreto legge relativo alla definizione della giornata lavorativa di 8 ore, e ci ritroviamo oggi a parlare di smart working. E’ in questa direzione che va il mondo del lavoro e la conversazione internazionale sulla flexuicurity. Tralasciando gli aspetti tecnico-giuridici, e andando al cuore del problema, sembra trattarsi di un cambiamento culturale, prima ancora che normativo.
Un progetto di Smart Working è quindi un processo di cambiamento complesso che richiede di agire contemporaneamente su più leve e che deve partire da un’attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione.
Inteso come nuovo modo di lavorare che consente un miglior bilanciamento tra qualità della vita e produttività individuale, è quindi anche il risultato di un sapiente uso dell’innovazione digitale a supporto di approcci strategici che puntano sull’integrazione e sulla collaborazione tra le persone, in particolare, e tra le organizzazioni, in generale. In tutto questo la tecnologia gioca un ruolo chiave, perché quando si parla di Digital Transformation nei luoghi di lavoro si pensa anche all’applicazione di tecnologie avanzate per connettere persone, spazi, oggetti ai processi di business, con l’obiettivo di aumentare la produttività, innovare, coinvolgere persone e gruppi di lavoro.
Come funziona lo Smart Working?
Bisogna comunque sempre tener presente che adottare lo Smart Working non vuol dire soltanto lavorare da casa e utilizzare le nuove tecnologie, lo Smart Working non è il telelavoro: è anche, e soprattutto, un paradigma che prevede la revisione del modello di leadership e dell’organizzazione, rafforzando il concetto di collaborazione e favorendo la condivisione di spazi. Nell’ottica smart, il concetto di ufficio diventa ‘aperto’, il vero spazio lavorativo è quello che favorisce la creatività delle persone, genera relazioni che oltrepassano i confini aziendali, stimola nuove idee e quindi nuovo business.
Da una recente indagine è, infatti, emerso che i manager considerano lo smart working necessario per per creare un’organizzazione flessibile (54%), per garantire un giusto bilanciamento tra vita privata e lavoro (52%) e supportare efficaci processi di auto-responsabilizzazione dei lavoratori (49%). Queste le ragioni sottese ad una sua sempre maggiore diffusione che i manager auspicano proprio per creare quel connubio virtuoso tra interessi delle aziende e dei singoli e aumentare la produttività. Lavoro per obiettivi (52%), auto-responsabilizzazione dei collaboratori (47%), potenziamento della fiducia reciproca (37%), abbattimento della resistenza al cambiamento (28%) e stile di leadership a forte delega (25%) sono questi gli ingredienti necessari per fare l’impresa.
Smart Working e Coronavirus
Da quando il Coronavirus ha varcato i confini del nostro paese e lo Smart Working nelle aree colpite dall’epidemia è diventata la misura adottata da moltissime realtà italiane per cercare di ridurre al minimo le possibilità di contagio con responsabilità sociale, pur portando avanti le proprie attività.
Come ha sottolineato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, «Lo Smart Working non può essere la soluzione per “bloccare” l’epidemia ma, con l’impegno di tutti, può rappresentare una misura per ridurre rischi, attenuare disagi e contenere gli enormi danni economici e sociali che questa emergenza rischia di causare. I lavoratori, e soprattutto coloro che sono già Smart Workers, devono restituire il credito di fiducia dimostrando autonomia, impegno e senso di responsabilità».
Lo Smart Working regolato per legge in Italia
Su tutto questo, nel nostro Paese, si è innestato anche un importante cambiamento di tipo legislativo: il 10 maggio 2017, il Senato della Repubblica ha infatti approvato in via definitiva il testo del Disegno di legge AC. N. 2233B che disciplina lo Smart Working, definito, “l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. È vero, il legislatore ha affrontato il tema dello Smart Working dal punto di vista dei luoghi e degli spazi deputati allo svolgimento delle proprie mansioni, ma non vi è dubbio che anche in ragione del nuovo quadro normativo si stanno aprendo nuove prospettive in termini di gestione dei dipendenti e dei flussi di lavoro, delle comunicazioni e delle filiere.
Lo smart working resta purtroppo ancora un perfetto sconosciuto per un’azienda su tre, è anche un cavallo di troia per cambiare la cultura delle organizzazioni, obbligando, infatti, queste ultime a sviluppare una cultura aziendale incentrata sulla responsabilità piuttosto che sul controllo, contribuendo a migliorare la soddisfazione dei lavoratori, garantendo un miglior equilibrio tra vita privata e carriera professionale, e ottimizzando e riducendo i costi, con un vero e proprio incremento della produttività.
Scopri di più nell’articolo Smart working per i dirigenti è un must